"La Casa dei Matti" vent'anni dopo...

 "La Casa dei Matti"  vent'anni dopo... 

Riviviamo giorni di guerra purtroppo mai dimenticati. Immagini atroci ci giungono dall'Ucraina e ci investono in tutta la loro drammaticità.  Il terrore di un conflitto armato entra di nuovo nelle nostre case e come ogni volta le paure e le difficoltà, specie dei più fragili, sono le prime a colpirci al cuore. Come sempre si sceglie il termine pazzia per giustificare l'azione di uomo che sceglie la guerra come strumento di prepotenza e di sopraffazione. Ma siamo certi che sia pazzia? Per la  risposta ci giunge in aiuto la cronaca di queste ore con a notizia di un ospedale psichiatrico a Kiev circondato dalle truppe  russe. I pazzi sono quelli dentro o quelli fuori? 

Ce lo racconta bene una pellicola del 2002 dal titolo Dom Durakov "La Casa dei Matti"  un film di Andrey Konchalovskiy .. un film fra l'altro molto "russo" che descrive la guerra Cecena attraverso gli occhi di un gruppo di malati di mente...  

"Frontiera tra Cecenia e Inguscezia, anno 1996: scoppia la guerra civile, i ribelli ceceni attaccano le truppe russe. Sul confine c’è un manicomio; accanto al manicomio passa una ferrovia; sulla ferrovia sferraglia un treno e sul treno c’è Bryan Adams che strimpella la chitarra. No, non siamo impazziti, non dobbiamo esser rinchiusi anche noi in un manicomio ceceno".

Alberto Crespi (La Stampa)



La Trama

Siamo nel 1996, allinizio della prima guerra in Cecenia. Nella regione di frontiera dellInguscezia si trova un piccolo ospedale psichiatrico. I malati, i pazzi, gli alienati e gli handicappati vivono la loro solita vita, senza presagire gli eventi che li travolgeranno. Tutte le mattine litigano tra di loro per arrivare primi allunico bagno dellospedale, tutte le sere si riappacificano alla finestra, aspettando il treno che li incanta in un fulgore di lucenti ferraglie. La cruda e anche sporca realtà che li circonda svanisce ogni tanto al suono irreale della fisarmonica di Janna (interpretata da Julia Vysotsky, moglie del regista), una ragazza bella e smarrita, fedele al suo fidanzato immaginario, Bryan Adams, che ogni tanto canta per lei in un mondo empireo, dolce e ammiccante, così al di là della realtà che sembra non appartenere nemmeno al film. Una mattina però i malati si svegliano e si accorgono che gli infermieri e il dottore sono scomparsi. Così è il caos, e mentre i malati tentano unassai pittoresca autogestione, che ha il suo culmine nel frenetico tentativo di lavare un pavimento in una mistura musicale di polka e bombe, un gruppo di soldati ceceni invade il manicomio e si accampa insieme a loro. La guerra fa la sua irruzione nellospedale. Come un nuovo malato nella casa dei matti porta con sé una follia sconosciuta: la follia del fratricidio legittimato dalla società, privo di quella sapienza umana che spesso possiedono i pazzi. Così tra gli orrori della guerra, raccontati con amara ironia, cè chi osserva la baraonda come un diversivo alla vita monotona, chi si rianima di impulsi idealisti, chi con saggezza cita il Tolstòj di Guerra e Pace e chi, come la bella Janna, si innamora di un soldato ceceno pulsando finalmente di un amore reale. Il film è girato quasi interamente nel manicomio, dove gli eventi si susseguono con rapida naturalezza. Forte è limpatto con lambiente da cui emerge la fisicità delle cose e delle passioni. Lospedale è sporco, i pavimenti sono polverosi: lo si sente senza bisogno di vederlo, così come si sentono le confuse ossessioni dei malati, le loro sofferenze, le loro gioie. Il continuo contatto fisico accende il film di un fuoco vivo e reale, come limpatto con il sangue e le bombe. Il regista non si preoccupa di indagare laspetto clinico della follia, ma quello sociale: la sottile linea che divide lumano dal disumano, il dissennato dal savio. Tutto è raccontato con estrema delicatezza, con lieve umorismo, un umorismo tale da ammorbidire il pathos senza svigorirlo. Le musiche scelte da Edward Artemiev rievocano le melodie circensi, ma le fisarmoniche folkloristiche si alternano con naturalezza alla vibrante voce di Bryan Adams che canta Have you really loved a woman e addirittura per qualche secondo alla scrosciante ouverture della Carmen. I messaggi che lancia il film non sono espliciti; come il regista ha detto: Sono indefinibili perchè il cinema è emozione, prima di ogni altra cosa. Il messaggio che si cela dietro agli eventi, tuttavia, è forse un po troppo labile e quasi fine a se stesso. Koncalovskij si serve anche di attori non professionisti la cui interpretazione un po dilettantistica, si salva per il sentimento che, nonostante tutto, riescono a riversare nei personaggi. La Vysotsky è brava senza alcun dubbio, espressiva, anche se a volte un po troppo sopra le righe. Alcune scene sono girate con la macchina a mano, tipica tecnica documentaristica, in questo caso addirittura amatoriale, che fonde perfettamente i toni realistici con quelli fantastici.  

(tratto da Film.it)




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